10 aprile 2018
Protocollo di Venezia su ricorsi migranti: grave rischio violazione diritti

Violazione della riservatezza dei dati sensibili, violazione del diritto alla difesa, possibile grave discriminazione. Queste le criticità che il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale individua nel Protocollo tra il Tribunale e l’Ordine degli avvocati di Venezia sulla gestione delle udienze di discussione dei ricorsi in materia di richiesta di asilo.

Sollecitato dal Ministero della Giustizia, il Garante nazionale ha esaminato il testo del Protocollo siglato a Venezia il 6 marzo scorso sulla gestione dei ricorsi avanti alla “Sezione Specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell'Unione Europea”.

Il Garante esprime estrema perplessità sul tenore complessivo del documento e ritiene alcuni aspetti non accettabili per la loro possibile interpretazione discriminatoria.
In particolare, appare al Garante in violazione dei diritti fondamentali della persona la clausola prevista al numero 7 del documento: l’obbligo del difensore di comunicare al giudice le eventuali malattie infettive del suo assistito e di richiedere a quest'ultimo la produzione di un certificato che attesti l'assenza di pericolo di contagio. Colpiscono negativamente l’impostazione culturale che tale disposto esprime e la lesione della tutela dei dati sensibili garantita dalla legge, del diritto alla riservatezza, del rispetto della dignità della persona.

Il Garante ritiene inoltre che questa disposizione vìoli il rapporto di fiducia intrinseco all'esercizio del diritto di difesa e si ponga in insanabile contrasto con i doveri di riservatezza e di segretezza riguardo a tutte le informazioni ricevute nello svolgimento del mandato difensivo, che il codice deontologico impone agli avvocati.

Infine, la norma di fatto genera una ingiustificabile disparità di trattamento dei migranti che compaiono di fronte alla sezione specializzata del Tribunale di Venezia rispetto a tutti gli altri utenti della giustizia, con il rischio di connotati discriminatori: non risulta infatti che analoghe precauzioni siano disposte in tutti i procedimenti giudiziari e nei confronti di tutte le persone che vi partecipano.

Al seguente link il testo del parere inviato al Ministero della Giustizia.