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Intervista di Mauro Palma a La Repubblica sulle presunte violenze di alcuni poliziotti verso persone arrestate a Verona

 

 

Roma, 7 giugno 2023 - Il Garante nazionale delle persone private della libertà. Mauro Palma, ha rilasciato un'intervista a La Repubblica sulle presunte violenze di alcuni poliziotti verso persone arrestate a Verona. Qui di seguito il testo:

 

Il Garante Palma: “Cambiare il reato di tortura? Un rischio grave per i processi in corso assolutamente da evitare

di Liana Milella  

 

 
Non ha dubbi il Garante delle persone private della libertà: “Dico no a cambiare adesso il reato di tortura”. E sui fatti di Verona il giudizio è netto: “Quei poliziotti non sono mele marce, c’è una cultura di connivenza, di silenzio, di omertà”. 
 
È davvero possibile, dopo tante denunce di violenze delle polizie, che si verifichi un’aggressione come quella di Verona?
 
“Quest’ultima inchiesta, ancora una volta, evidenzia il fatto come sia sbagliato affrontare la questione nella logica delle “mele marce”. Perché questo porta a non interrogarsi sulle culture che sono dietro i singoli comportamenti…”
 
Singoli? Ma in questura i colleghi hanno assistito a quelle violenze, di fatto condividendole o quanto meno non fermandole, e c’erano una trentina di persone…
 
“Proprio per questo dico che bisogna interrogarsi su una cultura di connivenza, di silenzio, e di omertà, che porta non solo a non intervenire, ma anche a compiacersi di tali comportamenti e a giustificarli quando poi si viene interrogati da chi indaga. Questa è una cultura strisciante che rischia di incidere sull’opinione pubblica rispetto alla solida cultura costituzionale che regge l’operato delle polizie”. 
 
Lei vuole distinguere tra agenti buoni e cattivi, ma dall’indagine di Verona viene fuori un clima di omertà che suona come condivisione o quanto meno accettazione passiva della violenza inusitata dei colleghi. 
 
“Per me non è un problema di buoni e cattivi, ma di come si insinuino nel linguaggio e nei modi di fare, e anche nel consenso che emerge dalle intercettazioni. Tutto rivela comportamenti devastanti per chi assolve un compito assegnato dalla collettività e che dev’essere centrato sia sulla dignità di ogni persona, sia sul rifiuto di una logica paritetica tra chi ha commesso un reato e chi esercita una doverosa funzione di arresto o di fermo”. 
 
Scusi Palma ma di fronte alle puntuali descrizioni contenute nelle carte dei giudici sui gesti degradanti fatti subire ai fermati - addirittura costretti a pulire “come uno straccio” la loro stessa pipì - non si può scusare in alcun modo chi assisteva a quei fatti senza imporre un altolà. 
 
“È vero. Ma se di fronte a quei gesti così descritti e che mostrano un livello di degrado repellente, la reazione di alcune persone che hanno una responsabilità istituzionale è quella di mettere subito in campo una modifica del reato di tortura in base al quale gli arresti sono avvenuti, quale messaggio viene dato a chi ha agito, a chi ha assistito, a chi si è compiaciuto di quei comportamenti, come raccontano le intercettazioni?”. 
 
Lei sta parlando delle dichiarazioni dell’ex sindaco di Verona Tosi che ha già chiesto di cambiare il reato di tortura?
 
“Per come le ho lette, certamente. La prima reazione dev’essere quella di dare inequivocabilmente una valutazione di condanna di quanto è avvenuto. Poi si potrà parlare più avanti - e io dico subito, come ho già fatto molte volte, che non sono d’accordo - dell’ipotesi di modificare o meno il reato. Ma pongo adesso un principio: di fronte alla contestazione di un reato grave, la reazione di chi riveste un ruolo istituzionale - Tosi, oggi deputato di Forza italia, è stato sindaco di Verona - non può essere quella di dire “cambiamo il reato” perché il messaggio che ne viene fuori è di netta sottovalutazione di ciò che è stato commesso”. 
 
Fratelli d’Italia, a inizio legislatura, ha già presentato un ddl per cancellare il reato di tortura. Alla Camera il Guardasigilli Nordio ha dato la sua parole che il governo non lo farà, ma ha avanzato i suoi dubbi sul cosiddetto “dolo generico”. Che pericoli vede? 
 
“L’iniziativa di taluni deputati di FdI non è credibile. E ne ho avuto conferma da molti esponenti di quell’area politica. Invece il problema sollevato da Nordio potrebbe riscuotere consensi. Ritengo del tutto inopportuno toccare oggi il reato già frutto di una difficile mediazione nel 2017, prima che si sia stabilizzata la giurisprudenza che mi sembra si stia già muovendo in modo rigoroso a salvaguardia di un reato indispensabile”. 
 
Cambiarlo oggi, anche di poco, rischia di far saltare inchieste e processi in corso? 
 
“Un rischio grave e assolutamente da evitare”. 
 
Ma guardi che questa è una storia già vista. È accaduto in tutte le indagini sulle violenze della polizia, come a Santa Maria Capua Vetere e come a Torino, i sindacati della polizia e la politica di destra vogliono eliminare il reato di tortura per difendere i violenti. 
 
“Come tutti sanno, io ho alle mie spalle molti decenni di esperienza di lavoro con le forze dell’ordine, anche in contesti ben più difficili di quello del nostro Paese. Quindi so bene quanto sia difficile quel lavoro. Ma due aspetti mi colpiscono. Il primo è il silenzio di chi sa, però ritiene che parlare equivalga a un tradimento. A Santa Maria Capua Vetere mi colpì subito che nessuno avesse denunciato quei fatti gravissimi. Neppure quelli che entrando in servizio il giorno dopo ne avevano visto le conseguenze. E poi non capisco come sia possibile che molti dicano anche oggi, per Verona, che le persone fermate sono “difficili da trattare”. Questa è un’offesa all’obbligatoria professionalità di chi fa polizia”.
 
Le violenze, dal caso Cucchi in avanti, sono frutto di una cultura di destra,  che oggi ha una copertura dal governo in carica? 
 
“Non credo, l’abbiamo viste in vari contesti politici diversi. Io l’addebito a un’arretratezza culturale di chi non riesce a riconoscere nella persona, anche problematica, diversa, o che ha commesso un reato, un essere umano che non cessa di appartenere al corpo sociale. Questa è la cultura dell’inimicizia”. 
 
Questa violenza è frutto di razzismo, e ricorda le torture naziste contro i presunti “diversi”…
 
“Lascerei stare questi collegamenti storici perché abbiamo bisogno di interpretare il presente. La negazione dell’altro, che trasforma il rapporto tra poliziotto e reo in quello tra poliziotto e nemico, è qualcosa che abbiamo già visto, anche sul piano internazionale, negli ultimi due decenni e che rischia sempre di insinuarsi nella cultura diffusa. La persona arrestata non è il nemico e non andrebbe neppure messa la sua foto sui giornali. Chi lo arresta ha il dovere di tenerlo in custodia garantendo i suoi diritti scritti nella Costituzione”.