Bollettino 29

IL GARANTE NAZIONALE NEI GIORNI DELL’EMERGENZA COVID-19

1° maggio Festa del Lavoro

Istituti penitenziari

Non si può oggi parlare di Istituti penitenziari per adulti senza salutare il Capo dell’Amministrazione penitenziaria, Francesco Basentini, che, dopo aver diretto questo complesso mondo in un periodo assolutamente non semplice, lascia oggi l’incarico per dimissioni.

Il Garante nazionale ringrazia per la disponibilità sempre dimostrata al dialogo e alla condivisione di informazioni, anche relativamente a temi e in periodi in cui le scelte operate hanno fatto trovare il Garante nazionale e il Capo Dap su posizioni differenti. La complessità della gestione di un Dipartimento che si caratterizza, da un lato, per l’estrema varietà delle figure professionali e delle culture che vi operano e, dall’altro, per la disomogeneità dei destinatari della propria azione – che vede a fianco situazioni di mera minorità sociale e altre di grande criminalità – richiede una guida manageriale forte accanto a una vicinanza a chi in tale difficile contesto opera quotidianamente e a una continua attenzione  a far sì che diritti e sicurezza non siano mai visti come due polarità opposte. Il Garante nazionale confida che in tal senso si indirizzerà la scelta futura di chi sarà chiamato ad assumere tale compito e assicura già da ora di continuare con il proprio impegno istituzionale attento, cooperativo e vigile.

La popolazione detenuta attuale è di 53.187, in continuità con il trend di riduzione del numero complessivo, ma tuttora bisognoso di un ulteriore impulso affinché sia possibile, in termini di spazi di gestione e di tutela della salute, di chi negli Istituti opera e di chi vi è ospitato, disporre di sufficienti possibilità di fronteggiare ogni possibile negativo sviluppo dell’andamento del contagio, oggi ancora commisurato   in valori gestibili nei suoi 159 tra la popolazione casi e nei 215 che riguardano il personale, ma, almeno per i primi, tuttora in ascesa.

Va purtroppo registrato il decesso all’ospedale “San Paolo di Milano di una persona di 54 anni che, detenuta in custodia cautelare nella Casa circondariale “San Vittore” fino al 12 aprile, aveva contratto il virus in Istituto ed era stata ospedalizzata in quella data, al manifestarsi dei sintomi e formalmente scarcerata. A ogni valutazione sul contagio in carcere non va quindi sottratta la considerazione di coloro che, essendo stati, tuttavia, scarcerati, non compaiono nelle statistiche quotidiane ma che devono essere considerati all’interno del complessivo problema dell’espansione del contagio nelle strutture detentive.

Secondo l’ultimo dato fornito (29 aprile), le detenzioni domiciliari sono state 2.810, di cui 704 con applicazione del braccialetto elettronico. Nulla hanno a che vedere tali numeri con la questione di alcune scarcerazioni che per tipologia delle persone coinvolte hanno avuto grande rilievo negli organi di informazione. Il Garante nazionale ricorda a questo proposito che già nel 2017, in un Rapporto inviato all’Amministrazione penitenziaria dopo una visita regionale in Sardegna e successivamente pubblicato sul sito, aveva evidenziato «l’esigenza di avere nella Regione [Sardegna] almeno un servizio di assistenza intensiva (Sai) in grado, in base alle caratteristiche strutturali, di proporre assistenza sanitaria ospedalizzata, seppure per brevi periodi, alle persone detenute in regime di alta sicurezza o in regime speciale ex articolo 41-bis o.p.». A tal fine aveva formulato la seguente Raccomandazione (tenendo in conto la presenza nella regione rispettivamente di 520 e 90 persone detenute in AS o in regime speciale): «Il Garante nazionale raccomanda al Provveditorato regionale di provvedere con urgenza ad attivare un Servizio di assistenza intensiva (Sai) in grado di rispondere alle esigenze di tutela della salute di tutte le persone detenute nella Regione, compresi coloro che sono in regime di alta sicurezza o in regime ex articolo 41-bis o.p., attraverso la stipula di un protocollo con l’Azienda per la tutela della salute (Ats) della Regione. Chiede di essere tempestivamente informato sia dell’avvio di tale interlocuzione con le autorità sanitarie sia delle conseguenti scadenze concordate per la risoluzione del problema». Purtroppo, tuttavia, non era seguita risposta alcuna da parte dell’Amministrazione.

Nuovamente, in un Rapporto tematico redatto a seguito della visita a tutte le sezioni di regime speciale ex articolo 41-bis o.p., il Garante aveva osservato le difficoltà di traduzione di una persona detenuta in alta sicurezza o in tale regime speciale laddove non esistesse un Sai che garantisse tutela della salute e sicurezza. Si legge in quel Rapporto: «è il caso della Sardegna, ove non è disponibile un Sai che possa essere utilizzato a tutela della loro salute, giacché quello dell’Istituto di Sassari – strutturato originariamente per tale popolazione detenuta – è stato recentemente trasformato in un Centro di osservazione psichiatrica e l’unico altro Sai della Regione, che si trova nell’Istituto di Cagliari-Uta, è riservato al circuito della media sicurezza». Il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria aveva risposto (il 29 gennaio 2019, pubblicata sul sito del Garante) relativamente alle traduzioni in termini generali citando l’estrema rarità della ipotesi prospettata dal Garante. Proprio per questo, il tema era stato ribadito nel Rapporto redatto a seguito della visita condotta nel luglio 2019 e il Garante nazionale, richiamando la Raccomandazione già formulata nel 2017, aveva rilevato come la peculiarità della collocazione delle persone detenute in alta sicurezza in Istituti della Sardegna potesse rischiare di determinare la compressione di un diritto fondamentale, quale il diritto alla salute.

Il Garante nazionale ha preso atto che il non avere affrontato un problema da più tempo segnalato può essere stato determinante per l’adozione di soluzioni che rischiano di essere percepite dalla collettività come segnale di inconciliabilità di tutela della salute, accesso alle cure e garanzia di effettiva sicurezza.

L’ampiezza del concetto di diritto alla tutela della salute che non va ristretto al mero accesso alle cure, per la sua dimensione sostanzialmente complessiva, è un tema di riflessione su cui il Garante vorrà sviluppare uno specifico momento di approfondimento.

Proprio dalla Sardegna vogliamo cogliere il messaggio positivo che ci viene dal Polo universitario di Sassari, che segnala che si è svolto il primo esame di profitto in modalità orale, con collegamento a distanza mediante piattaforma Skype, sostenuto da uno studente in regime di detenzione iscritto all'Università di Sassari. Si è trattato di un esame in filosofia del linguaggio, superato con il massimo dei voti. Questo singolo successo si collega al messaggio che, laddove si voglia rendere la vita detentiva il più simile possibile a quella esterna al carcere, esistono vie da percorrere. Vie che dovranno essere percorse in questa stravagante conclusione dell’anno accademico e dell’anno scolastico per dare frutto all’impegno di studenti, docenti e di tutti coloro che contribuiscono all’ingresso dell’istruzione oltre le mura carcerarie. Su questi temi il Garante nazionale aveva rivolto un appello ai ministri della giustizia dell’istruzione e dell’università nelle scorse settimane, anche sulla base del sollecito ricevuto da molti docenti che dedicano tempo e professione in tale direzione. La circolare emanata in data 21 aprile scorso (prot.0130438.) dal Direttore generale per i detenuti e il trattamento del Dap è in linea con tale impostazione e segna un passo in avanti perché anche questo aspetto possa vivere una fase 2, dopo la brusca interruzione dello scorso marzo. Resta il compito di applicarla in modo estensivo e coerente con l’impegno più volte teoricamente affermato a che la cultura sia motore di quella rieducazione di cui parla il Costituente.

 

Migranti

Nell’ambito della privazione della libertà delle persone migranti il numero dei cittadini stranieri trattenuti all’interno dei Cpr continua a diminuire con un totale di 229 persone presenti alla data del 30 aprile (come già annunciato da giorni, ora il Centro di Caltanissetta è effettivamente vuoto). Rimane vera la constatazione che il numero più alto di persone ospitate è a Torino, con 71 stranieri con una capienza di 107 posti, mentre in quello di Roma-Ponte Galeria, che ha una capienza di 250 posti, vi sono attualmente 31 uomini e 6 donne.

Vale la pena esaminare alcuni flussi: Ponte Galeria e Palazzo San Gervasio hanno effettivamente diminuito le presenze, rispettivamente da 93 a 37 per Roma e da 33 a 17 per Palazzo San Gervasio; più moderatamente sono calate a Bari (da 12 a 8), Brindisi (da 19 a 11) e, come già detto, Torino; pressoché stabile Macomer, che è passato da 49 a 41; aumentato Gradisca d’Isonzo che è passato da 43 a 44.

Sale invece il numero di coloro che si trovano sottoposti a misure di quarantena precauzionale poiché sono appena giunti sul territorio italiano o perché sono entrati in contatto con casi confermati di positività al virus.

Per quanto riguarda tali misure imposte ai migranti sbarcati, ieri l’hotspot di Lampedusa ospitava 116 persone – tutte hanno finito la quarantena e sono quindi in attesa di essere trasferite - mentre l’hotspot di Pozzallo, dopo il trasferimento dei 50 precedenti ospiti, registra l’ingresso da Lampedusa di 100 persone che cominciano quindi il loro periodo di quarantena.

La quarantena prosegue per 101 persone all’interno della struttura “Don Pietro” nel comune di Comiso in provincia di Ragusa, per 36 persone ospitate a “Villa Sikania” a Siculiana, in provincia di Agrigento, per altre 56 alloggiate, secondo quanto comunicato dalla Prefettura di Agrigento, presso una struttura denominata “Casa del Gabbiano” in contrada Ciavolotta ad Agrigento.  A questi dati si aggiunge la quarantena dei 183 cittadini stranieri a bordo della nave “Raffaele Rubattino” ormeggiata a un miglio al largo dal porto di Palermo.

Il Garante nazionale mantiene la propria attenzione anche rispetto a luoghi di accoglienza che, pur non essendo formalmente privativi della libertà, potrebbero, almeno temporaneamente, diventare tali in base a come vengono attuate le misure sanitarie imposte. Il Garante nazionale ricorda che le doverose misure sanitarie da eseguire non possono mai trasformarsi in privazione della libertà generalizzata, anche di persone che non hanno avuto alcun contatto con coloro che sono risultati contagiati.

La rete internazionale

Il Garante nazionale ha partecipato lunedì scorso al workshop su “Le procedure di reclamo in carcere”, realizzato nell’ambito del progetto “Working towards harmonized detention standards in the EU – the role of NPMs”, con capofila il consorzio di associazioni composto da Hungarian Helsinki Committee, Associazione Antigone, Bulgarian Helsinki Committee e Ludwig Boltzmann Institute.

L’incontro, inizialmente previsto a Budapest è stato realizzato online a seguito dell’emergenza Covid-19. Ha, comunque, visto la partecipazione di cinque Meccanismi nazionali europei di prevenzione della tortura-Npm (Italia, Austria, Romania, Portogallo e Ungheria), di un rappresentante dell’organismo che coordina a Ginevra l’attuazione del Protocollo opzionale delle Nazioni Unite per la prevenzione, della tortura e che è indicato dall’acronimo Spt. Hanno partecipato anche rappresentanti dell’Ufficio dell’Osce per le istituzioni democratiche e i diritti umani (Odihr) e dell’Associazione per la prevenzione della tortura-Apt, il ginevrino motore del monitoraggio su tali temi in ambito internazionale.

Anche il Garante nazionale — che, è bene sempre ricordare, è designato come Npm italiano – ha partecipato con la propria unità operativa che si occupa di studi e reti nazionali e internazionali. Un contributo notevole e apprezzato data la forte consistenza del corpus dei reclami che il Garante riceve da parte delle persone detenute e che sono molto spesso supportate da segnalazioni che provengono da persone a loro legate ma anche da avvocati, associazioni, talvolta dagli stessi operatori penitenziari e finanche, come capita, da magistrati di sorveglianza. Sono quest’ultime segnalazioni a fare sorgere un problema che troppe volte viene trascurato nonostante sia sollevato in molti convegni: il tempestivo adempimento dell’Amministrazione a quanto prescritto dalle ordinanze del magistrato di sorveglianza dovrebbe essere tale ancora prima che si faccia ricorso al cosiddetto “giudizio di ottemperanza”. Proprio questa ampia esperienza ha determinato l’interesse degli interlocutori sulla procedura messa in campo dal Garante nazionale italiano per fronteggiare tale numero di situazioni soggettive. Per questo il Garante si propone di formalizzare la procedura affinché possa essere seguita nello stesso modo dalle analoghe figure che agiscono a livello territoriale e perché possa costituire una base condivisa all’interno della rete dei propri interlocutori internazionali.

Del resto, la costruzione di Raccomandazioni da inviare alle Autorità che costituisce il fulcro dell’azione di soft law che il Garante deve esercitare si basa proprio sulla capacità di estrarre da molti casi specifici elementi che facciano comprendere criticità di sistema e di costruire attorno a essi un insieme di standard non più teorici ma basati sulla concretezza di «aver visto».

La settimana scorsa il giudice islandese Robert Spano è stato eletto nuovo Presidente della Corte europea dei diritti dell’uomo, succedendo al giudice greco Linos-Alexandre Sicilianos che cessa l’alto incarico il prossimo 18 maggio. Con il nuovo presidente, al quale rivolgiamo gli auguri, ci impegniamo a continuare, il rapporto di collaborazione che ha sempre caratterizzato la relazione tra il Garante nazionale e la Corte europea dei diritti dell’uomo. Dalle più alte latitudini e dalla più bassa percentuale di persone detenute in proporzione agli abitanti, ci attendiamo la continuità nel rigore di analisi anche dei casi che riguardano tutte le forme di restrizione della libertà personale e la volontà di ridurre il loro numero all’effettiva inderogabile necessità.

 

Il prossimo Bollettino uscirà martedì.

 

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