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Una notizia positiva dalla Corte Costituzionale

Roma, 24 aprile 2019 - Il Garante nazionale esprime soddisfazione per la recente sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 47-ter, comma 1-ter, stabilendo che se durante la carcerazione si manifesta una grave infermità psichiatrica, il giudice potrà disporre che il detenuto venga curato fuori dal carcere e quindi potrà concedergli, anche quando la pena residua è superiore a quattro anni o sia di carattere ostativo, la misura alternativa della detenzione domiciliare “umanitaria”, o “in deroga”, così come già accade per le infermità fisiche. Si tratta di un passaggio importante che mette fine alla discriminazione nell’accesso a questa misura tra persone detenute con patologie fisiche e psichiche.

Nella sentenza la Corte ha dichiarato come l’articolo 148 del codice penale (che prevede che il condannato possa essere ricoverato in un ospedale psichiatrico giudiziario o in una casa di cura e custodia in caso di sopravvenuta infermità psichica grave durante l’esecuzione delle pena) sia oggi divenuto inapplicabile. Inoltre, specifica che esso riflette un paradigma culturale e scientifico ormai superato nel trattamento della infermità mentale, che prevedeva custodia anziché esclusiva terapia. Già da tempo la Corte aveva sollecitato il Parlamento a intervenire (sentenza n. 111 del 1996): ora, a parere del Garante nazionale la questione è divenuta indifferibile.

Il Garante, infatti, ha chiesto più volte al Parlamento il superamento della diversità di trattamento tra le persone affette da grave infermità psichica sopravvenuta durante il periodo di detenzione e quelle affette da grave infermità fisica, sia nelle Relazioni del 2017 e del 2018, che nel parere espresso ad agosto 2018 sul testo del decreto legislativo sulla riforma dell’ordinamento penitenziario.

Ora che la Corte costituzionale ha riconosciuto l’esistenza di un «vuoto di tutela effettiva del diritto fondamentale alla salute» in tale ambito, il Garante ribadisce al Legislatore l’urgenza di risolvere il disallineamento tra gli articoli 147 e 148 del codice penale, riconoscendo l’unitarietà indissolubile della persona come soma e psiche. Sollecita, per questo, l’Amministrazione penitenziaria a potenziare l’assistenza psichiatrica negli Istituti di pena, con la previsione di sezioni specifiche da affiancare a quelle già esistenti per le malattie fisiche, rafforzando così la tutela della salute nel carcere, con effettive strutture riservate alla responsabilità e alla gestione dei servizi sanitari territoriali.

Ciò anche al fine di superare la tendenza a confondere le strutture multifunzionali esterne rivolte alle misure di sicurezza, snaturando in tale modo il significato delle Rems.