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Un giudizio complessivo sull'approvazione definitiva del Decreto sicurezza

Roma, 6 dicembre 2018 - A seguito dell’approvazione definitiva, da parte del Parlamento, della Legge di conversione del decreto legge n. 113/2018, nonché della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del 3 dicembre scorso, il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà, Mauro Palma, esprime alcune valutazioni in merito al testo definitivamente convertito in legge dello Stato.

Osserva preliminarmente che il testo discusso e licenziato dalla Camera dei Deputati è variato rispetto a quello originario sul quale il Garante aveva espresso, per obbligo di Legge, il proprio parere, sia in sede di audizione nella Commissione Affari Costituzionali al Senato sia con l’invio di un testo scritto allegato agli atti del percorso parlamentare del provvedimento.

Tali rilevanti modifiche avrebbero dovuto indurre a richiedere al Garante un nuovo parere, relativo appunto a quanto si andava modificando, o quantomeno a indire una nuova convocazione in audizione da parte della Commissione della Camera dei Deputati, in continuità e analogia con quanto fatto in Senato. Così non è stato.

Tra le novità rilevanti rispetto ai temi di competenza del Garante introdotte dal cosiddetto maxiemendamento del Governo nel corso del passaggio alla Camera dei Deputati ci sono:

  • La necessità di una convalida da parte dell’Autorità giudiziaria per i cosiddetti respingimenti differiti, così come sollecitato dalla Corte Costituzionale e come raccomandato dal Garante nazionale nel proprio parere alla Commissione Affari Costituzionali del Senato.
  • La previsione in modo esplicito dell’esercizio dei poteri del Garante nazionale in tutti i luoghi di trattenimento ai fini di identificazione o di rilevazione della cittadinanza, comunque denominati (con una modifica della stessa legge istitutiva del Garante).
  • La prevista predisposizione, da parte del Ministro degli Esteri di concerto con i Ministri dell’Interno e della Giustizia, di un “elenco dei paesi di origine sicuri”, con un richiamo alla Direttiva europea sui rimpatri n. 115/2008.

Il Garante nazionale accoglie con favore le prime due modifiche, mentre ricorda come da sempre in sede internazionale la predisposizione di elenchi di Paesi ritenuti presuntivamente sicuri sia stata più produttrice di difficoltà e di rischi per le persone coinvolte che non di agevolazione di possibili e dovuti rimpatri. Inoltre, ritiene che le domande di protezione - riguardando esse il destino e, quindi, la vita delle persone - debbano sempre essere valutate individualmente, e non sulla base di criteri generali, quale è quello della origine presuntivamente sicura.

Il Garante nazionale riconosce che la possibilità per i Paesi membri di compilare un elenco di presunti Paesi sicuri è prevista da alcune Direttive europee. Ma, al di là delle già citate difficoltà applicative riscontrate da altri Paesi membri, occorre notare che la cosiddetta “Direttiva procedure” (2013/32/UE) del Parlamento Europeo e del Consiglio prescrive che al migrante proveniente da un Paese incluso nell’elenco dei presunti Paesi sicuri debba essere garantita la possibilità di invocare la sussistenza di gravi motivi di pericolo per evitare il rimpatrio nel proprio Paese. Al contrario, il testo approvato dal Parlamento italiano prevede per il richiedente l’onere di dimostrare la sussistenza di gravi motivi per ritenere non sicuro per sé il proprio Paese.

Con il Decreto sicurezza, la provenienza da un presunto Paese sicuro, inoltre, implica in ogni caso l’utilizzo di una cosiddetta procedura accelerata per l’esame della richiesta di protezione. Tale procedura offre minori garanzie per il richiedente in quanto viene espletata in tempi più ristretti, che comprimono sensibilmente alcune garanzie.

Con il Decreto sicurezza tale procedura accelerata si applica non solo, come previsto precedentemente, a chi è trattenuto in un CPR, ma anche per chi si trovi in un hotspot.

Questi elementi rappresentano gli aspetti che integrano il parere già espresso al Senato frutto dell’analisi del testo originario. Molti di quegli aspetti permangono. In particolare, il Garante nazionale aveva già fatto presente che con l’abolizione della Protezione umanitaria e l’introduzione di nuovi “casi speciali” di permessi di soggiorno (condizioni di salute di particolare gravità; calamità naturali nei Paesi di origine; compimento di atti di particolare valore civile) una serie di diritti della persona in quanto tale, sanciti da Convenzioni internazionali e dalla nostra stessa Costituzione, rischiano di rimanere inesigibili da parte di persone rese prive di quella precedente forma di protezione. Al riguardo il Presidente della Repubblica, prima del passaggio parlamentare, aveva avvertito «l’obbligo di sottolineare» in una lettera al Presidente del Consiglio che «restano fermi gli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato, pur se non espressamente richiamati nel testo normativo, e, in particolare, quanto direttamente disposto dall’art. 10 della Costituzione e quanto discende dagli impegni internazionali assunti dall’Italia». Questa affermazione, che inquadra l’ambito applicativo del testo adottato dal Parlamento, rassicura rispetto all’impegno governativo preso in tal senso e all’alta vigilanza del tutore della Costituzione. Dal canto suo, nel proprio ristretto ambito, il Garante nazionale eserciterà tutti i suoi poteri per contribuire a fare sì che questi limiti costituzionali siano effettivamente resi invalicabili. Ad esempio, deve essere chiaro che dopo l’abolizione della protezione umanitaria, in caso di richiesta di protezione internazionale da parte di un cittadino che, a prescindere dal suo Paese di origine, prima di arrivare nel nostro Paese sia transitato in Paesi terzi nei quali può aver subito tortura o altri trattamenti inumani e degradanti, non debba sussistere alcun rischio di  procedura accelerata, poiché è necessaria una valutazione ponderata del caso in esame. Occorre inoltre ricordare a tutte le autorità coinvolte nei diversi passaggi valutativi della singola domanda di protezione che, qualora il richiedente abbia subito torture o trattamenti disumani in Paesi di transito, tale circostanza deve essere considerata rilevante ai fini della decisione sul riconoscimento di una protezione.

Nel proprio parere al Senato, il Garante aveva espresso perplessità anche su altre criticità che permangono nel testo diventato legge: relativamente al significativo prolungamento della durata del trattenimento presso i CPR dello straniero destinato al rimpatrio; all’introduzione della nuova ipotesi di trattenimento del richiedente asilo - trattenimento che può così giungere ai 210 giorni - ai fini puramente identificativi e di verifica della cittadinanza; all’ampliamento della tipologia dei luoghi di privazione della libertà personale, con un’estensione della detenzione amministrativa che rischia di essere ben lontana dal rispondere a effettive esigenze di tipo investigativo e burocratico e di configurarsi soltanto come un addendum di sofferenza forse funzionale soltanto a scoraggiare gli arrivi.

Per un approfondimento su questi punti si fa riferimento al parere presentato al Senato nel corso del relativo passaggio parlamentare.

Il Garante nazionale ribadisce il suo impegno a vigilare affinché l’attuazione del provvedimento non debordi verso possibili e incongrue estensioni applicative, non attenui le garanzie costituzionalmente e internazionalmente definite, sia assolutamente rispettosa dei diritti delle persone a cui il provvedimento è destinato e in grado di contenere la potenziale amplificazione del disagio e della sofferenza dei destinatari.

Il Garante nazionale eserciterà ogni potere che la Legge gli assegna per la vigilanza, la visita dei luoghi, l’accesso alla documentazione, il monitoraggio dei rimpatri forzati, certo di trovare la dovuta - e per altro consueta -  collaborazione dell’Amministrazione del Ministero dell’Interno.