punto 7

Il punto

9 dicembre 2020 - n. 7 

Come evidenziato in un comunicato stampa di qualche giorno fa, il Garante nazionale ha ripreso le proprie visite regionali, iniziando da una parte del territorio dell’Emilia-Romagna – quella del settore occidentale. Le visite specifiche non sono mai state interrotte in questi mesi di pandemia, proprio perché la gravità della situazione richiedeva di non diminuire la presenza anche fisica degli organi di controllo all’interno delle molte e differenti strutture dove la libertà personale era privata. Tuttavia, questa visita dei primi di dicembre non ha avuto la caratteristica di limitarsi a una sola struttura, ma ha avviato nuovamente quel modello che ha sempre connotato le azioni di monitoraggio e vigilanza del Garante nazionale: visitare in una parte omogenea di territorio strutture di tipo diverso dove le persone sono private della libertà a causa di motivi totalmente distanti l’uno dall’altro (chi in ragione di quanto commesso, chi sulla base della propria irregolarità amministrativa, chi sulla base della propria fragilità personale) e individuare sia i problemi specifici di ciascuna, sia le connessioni che le tengono insieme per quanto riguarda l’effettività dei diritti delle persone.

Così la visita di due di un’intera settimana di due delegazioni in parallelo ha riguardato i due Istituti penitenziari di Parma e Reggio Emilia, le due Questure delle stesse città, i locali del Comando dei Carabinieri di Parma e di Piacenza e le stazioni di Piacenza-Levante e Fidenza e il Comando della Polizia locale di Reggio-Emilia. Ha poi riguardato, dal punto di vista sanitario, due Residenze sanitarie assistenziali per persone anziane o disabili e la Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza (Rems) di Casale di Mezzani. Il Rapporto sulla visita seguirà la consueta procedura di invio alle Autorità, con un breve periodo di embargo, e successivamente la pubblicazione sul sito insieme alle risposte eventualmente ricevute.

In un contesto in cui il necessario distanziamento tra persone per contenere il contagio rischia di tramutarsi in esternità rispetto ai mondi oltre i cancelli e i muri e in una perdita di quel potenziamento di relazione che la presenza fisica determina, è importante affermare che vigilare sui diritti richiede anche vedere, essere presenti e non soltanto connettersi via web. Questa è l’indicazione che viene sia dal Consiglio d’Europa che dalle Nazioni Unite: il tutto, ovviamente, secondo rigidi protocolli di tutela delle persone ospitate nelle strutture e di coloro che vanno in visita (principio del do no harm).

Per quanto riguarda il carcere, i numeri non inducono a tranquillità. Perché la pur esistente diminuzione di presenze avviene con un ritmo troppo lento: le persone detenute registrate sono oggi 54.132 (erano 54.790 l’11 novembre scorso), mentre quelle effettivamente presenti, al netto di licenze e permessi prolungati) sono 53.266 (alla stessa data erano 54.158); la riduzione è stata quindi di quasi 900 presenze.

Ma continua e forse si aggrava la connotazione di minorità sociale di chi è rimasto dentro: 1014 persone sono detenute perché condannate a una pena inferiore a un anno e 2181 per una pena compresa tra uno e due anni. È presumibile pensare che i reati commessi non abbiano nulla a che vedere con quelli di grande allarme sociale che avrebbero visto pene ben maggiori. Quest’insieme di persone rischia di non poter avere accesso alle pur limitate misure previste dall’ultimo decreto-legge anche perché in un numero consistente sono prive di fissa dimora o di dimora che possa soddisfare i requisiti valutabili dal magistrato di sorveglianza. A questo proposito, il Garante nazionale accoglie con favore l’iniziativa assunta dal Procuratore generale della Cassazione di progettare un percorso coordinato tra tutti gli attori che hanno il compito di preparare le pratiche per rendere possibile la valutazione della Magistratura di sorveglianza per evitare che si possa configurare una «inaccettabile discriminazione basata sulla marginalità» perché, egli osserva, che nonostante convenzioni stipulate dalla Cassa delle Ammende con quasi tutte le Regioni per programmi di inserimento, «l’attuazione concreta si è rivelata molto modesta. Ciò comporta il paradosso che proprio i soggetti marginali e meno pericolosi vengono, proprio per la loro marginalità, esclusi di fatto dai benefici cui pure avrebbe diritto». Il Garante nazionale ha assicurato al Procuratore generale la propria disponibilità a contribuire alla semplificazione e celerità di questi percorsi ed è certo che, per quanto di loro competenza, si potrà contare anche sul contributo di tutti i Garanti ai diversi livelli di responsabilità territoriale. Confida che analogo contributo verrà dato dai Consigli dell’Ordine degli avvocati.

La necessaria celerità delle procedure e l’ineludibile ampliamento delle previsioni normative, in questa fase di conversione del decreto-legge 137/2020, nascono anche dall’analisi dei dati quotidianamente forniti dall’Amministrazione penitenziaria. Ieri sera, ultimo dati disponibili, le persone detenute contagiate erano 1.049. Un dato considerevole, anche se, come più volte affermato mitigato dal fatto che di esse 959 erano asintomatiche; le rimanenti 90 persone, di cui 41 ricoverate in ospedale, rappresentano comunque un dato non tranquillizzante per il loro addensarsi in alcune situazioni. Così come si addensano i casi complessivi, asintomatici o meno, in alcuni Istituti: se da un lato – tanto per citare alcune situazioni – nelle settimane scorse era stato segnalato l’alto numero di persone positive a Napoli-Poggioreale (circa un centinaio) e a Terni (una settantina), oggi quei numeri sono scesi a 15 per il primo Istituto e a 1 solo per il secondo. Ma, parallelamente, si sono sviluppati nuovi focolai a Trieste, Monza, Sulmona, Bologna e nei giorni precedenti a Tolmezzo, seppure in quest’ultimo i dati sono ora in calo. Il numero degli operatori penitenziari positivi è in calo: oggi sono 853. Questi numeri e questa fluttuazione di focolai, che improvvisamente si sviluppano e si ritraggono, evidenziano due necessità: i numeri complessivi delle presenza devono ridursi, sia perché – come più volte detto – c’è bisogno di spazi, di distanze, di ambienti separati, sia inoltre perché anche l’assenza di personale, e il suo riflettersi sulla necessità di isolamento degli altri con cui i singoli sono venuti a contatto, incide sulla effettiva gestibilità del sistema già di per sé complesso e assillato da organici ridotti.

Negli Istituti penali per minorenni sono attualmente ristretti 305 minori o giovani adulti; tra essi 10 sono ragazze e 295 ragazzi. All’interno di questo totale, gli stranieri costituiscono il 45%. Fortunatamente non ci sono casi di positività. Altri 1.024 minori o giovani adulti sono invece ospitati in comunità, prevalentemente private in convenzione, data l’esiguità del numero delle comunità ministeriali che attualmente ospitano solo 20 ragazzi. Come altre volte sottolineato, la capienza degli Istituti penali per minorenni è di 536 posti (55 di essi previsti per le ragazze) e quindi il livello di occupazione è inferiore al generalmente inferiore alla disponibilità totale, con l’eccezione di Bologna dove 24 ragazzi sono presenti con una capienza di 22 posti.

Ieri era la giornata di lotta alla corruzione e il Garante nazionale si è fatto co-promotore con la Fondazione De Sanctis di una maratona di voci istituzionali rivolta in particolare al pubblico dei siti e dei social e quindi dei giovani, per evidenziare come esista uno stretto legame tra la funzione preventiva del Garante e il rifiuto di quella cultura di cui la corruzione si nutre. Proprio nel presentare l’iniziativa, il Garante ha sottolineato «La tutela dei diritti delle persone private della libertà è un compito innanzitutto preventivo: occorre prevenire qualsiasi diminuzione dei diritti delle persone, in particolare di quelle più vulnerabili. In questa prospettiva la prima prevenzione riguarda la lotta a ogni forma di corruzione: quella che porta le persone socialmente fragili a divenire vittima di chi falsamente si presenta come possibile risolutore di problemi, quella che porta alle discriminazioni anche in quei luoghi dove l'uguaglianza dovrebbe essere elemento costitutivo, quella che porta a defraudare le risorse delle istituzioni riducendo la loro capacità di rispondere ai bisogni della collettività, a totale vantaggio di quelle realtà criminali che nella corruzione trovano il proprio terreno di espansione. Per questo è doveroso sottolineare l'impegno che questa giornata contro la corruzione visivamente esprime».

Il Garante nazionale ha pubblicato un volume che riprende il seminario tenuto lo scorso anno sullo spazio dei luoghi di privazione della libertà: la sua caratteristica, le sue dimensioni, il messaggio che le prevalenti scelte edilizie trasmettono, alcune ipotesi di nuove progettazioni. Il titolo del volume è In gabbia. Nel riprendere in copertina il modulo di Le Corbusier vuole ricordarsi come spazio, movimento e dimensione umana abbiano un nesso inscindibile. È stato pubblicato in una collana che si intitola Da dove perché ogni volta riprende un documento del passato più o meno recente attorno a un tema e a partire da questo sviluppa le riflessioni dell’oggi. Il tema di In gabbia è la celebre testimonianza in Parlamento di Calamandrei relativa alla proposta di una commissione per vedere i luoghi della detenzione. Si affianca ai due volumi precedenti che avevano simbolicamente considerato il limite del punire e l’irrilevanza che gli orientamenti personali di chi è sottoposto a giudizio devono avere. I titoli dei volumi precedenti sono Lo Stato non uccide (a partire dal discorso di Robert Bandinter all’Assemblea nazionale francese nel 1981 per richiedere l’abolizione della pena di morte) e Il reato impossibile (a partire dalla sentenza della Corte costituzionale del 1981 che ha abolito il reato di plagio e dalle riflessioni che Umberto Eco aveva sviluppato sul caso Braibanti). I primi due volumi sono scaricabili dal sito del Garante e presto lo sarà anche il terzo(www.garantenazionaleprivatiliberta).

L’International Centre for Migration Policy Development (Icmpd), capofila del progetto Forced-Return Monitoring III (FReM III), ha organizzato un workshop sulle operazioni di rimpatrio che coinvolgono i minori.

L’obiettivo del workshop, cui ha partecipato anche il Garante nazionale, era un confronto e uno scambio sui principi generali che regolano i rimpatri dei minori, sulla loro applicazione pratica e sul ruolo del monitor indipendente nelle operazioni di rimpatrio.