07 dicembre 2020
Il Garante regionale in Emilia Romagna

Roma, 7 dicembre 2020 - Si è conclusa la visita del Garante nazionale in Emilia-Romagna, una prima visita che ha riguardato la parte occidentale della regione. La delegazione – composta dall’intero collegio del Garante (Mauro Palma, presidente, e Daniela de Robert ed Emilia Rossi, componenti) e da sei membri dell’Ufficio – ha visitato diversi luoghi di privazione della libertà: dagli Istituti penitenziari, alla Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza (Rems), alle camere di sicurezza delle varie forze di Polizia, inclusi i cosiddetti ‘locali idonei’ introdotti dal ‘Decreto Sicurezza 2018’ delle Questure, alle Residenze sanitarie assistenziali per persone anziane o con disabilità (Rsa e Rsd). Una visita senza dubbio complessa e articolata del territorio di Parma, Reggio Emilia e, parzialmente, Piacenza.

Riguardo alle Residenze sanitarie visitate è apparso positivo il mantenimento dell’accesso dei familiari alla struttura, ovviamente in maniera diversa e ben più limitata rispetto a quanto avvenisse nel periodo pre-Covid, ma comunque superiore alla prima fase della pandemia. È questo uno degli aspetti su cui il Garante nazionale è impegnato anche in un confronto con le Regioni e la visita è stata l’occasione per un dialogo con i responsabili dell’area sanitaria dell’Emilia- Romagna sul rischio di una chiusura di tali strutture e di progressiva limitazione delle autonomie decisionali delle persone ospitate.

Per l’area penale, la visita ha riguardato i due Istituti di Parma e di Reggio Emilia, il reparto protetto presso l’Azienda ospedaliero-universitaria di Parma e la Rems di Casale di Mezzani. Positivamente, va detto che nei due Istituti la diffusione del Covid-19 in questa fase è estremamente limitata, con uno e due casi tra i detenuti e altrettanto ridotta tra gli operatori. In entrambi, sia il personale che le persone detenute erano dotati di mascherine e i tamponi vengono effettuati in maniera sistematica a chi entra in carcere. Questo elemento va valutato positivamente anche se l’alto numero di persone detenute anziane o con più patologie presenti nell’Istituto di Parma induce a molta attenzione e cautela.

L’Istituto di Parma ha, infatti, una sua evidente complessità non solo perché comprende una Casa di reclusione e una circondariale, ma anche perché la stessa reclusione si articola in una pluralità di circuiti diversi, con spesso situazioni di incompatibilità tra di loro. Particolarmente critica è la presenza di un gran numero di persone assegnate all’Istituto da altre regioni per motivi di salute in vista del ricovero nel Servizio di assistenza intensiva (Sai) e in quello per disabili, sezione paraplegici (Crupi); persone che frequentemente vengono assegnate all’Istituto indipendentemente dall’effettiva disponibilità di posti nei rispettivi reparti sanitari. Il risultato è che attualmente più di cento persone bisognose di specifiche cure attendono nei reparti comuni senza quell’assistenza sanitaria di cui necessitano; oltretutto, ingolfando l’Istituto. Si tratta di una situazione che richiede una diversa attenzione da parte dell’Amministrazione, ribadendo che ogni ipotesi di assegnazione richiesta dalla Magistratura di sorveglianza di altri distretti, spesso in risposta a richieste di sospensione facoltativa della pena o di detenzione domiciliare per motivi di salute, deve essere valutata sulla base della effettiva possibilità di presa in carico sanitario della persona una volta giunta a Parma.

L’Istituto di Reggio Emilia è anch’esso caratterizzato da un numero elevato di circuiti detentivi che rende molto complessa la sua gestione. Difficile anche la situazione della Articolazione per la tutela della salute mentale (Atsm), un reparto con un numero molto elevato di posti (46) in assenza di spazi adeguati. A rendere ancora più critica la situazione è la forte presenza di persone provenienti da fuori regione (16 attualmente) per le quali diventa molto problematica la presa in carico da parte del territorio di appartenenza. Un percorso di contenimento e armonizzazione del disagio mentale svincolato da una effettiva presa in carico territoriale centrata su una possibile connessione con la realtà esterna rischia, infatti, di essere del tutto teorico e di configurarsi come forma di internamento: la provenienza da diversi contesti regionali e la conseguente rescissione di ogni relazione con essi evidenzia tale rischio. Complessivamente, tuttavia, l’Istituto sembra indirizzato verso un nuovo inizio, attento alle esigenze trattamentali, lavorative e di connessione forte con il territorio, come da tempo si sentiva l’esigenza.

La Rems di Casale di Mezzani è una struttura provvisoria, operante dal 2015, con dieci posti, tutti attualmente occupati. L’attenzione all’inserimento dei pazienti in un percorso terapeutico continuativo è senz’altro uno degli aspetti positivi e certamente dovrà essere conservato anche quando la Rems sarà realizzata, come previsto da tempo, nella sua nuova sede regionale, più ampia e meno omogenea territorialmente.

Molta attenzione è stata rivolta anche alle camere di sicurezza delle diverse forze di Polizia: dei Carabinieri, della Polizia di Stato e, nel caso di Reggio Emilia, della Polizia locale. In questo contesto il Garante ha visitato, tra l’altro, anche il Comando provinciale dei Carabinieri di Piacenza e la stazione Levante, in fase di ristrutturazione e attualmente appoggiata presso la caserma dei Carabinieri della Forestale.