bollettino 32

IL GARANTE NAZIONALE NEI GIORNI DELL’EMERGENZA COVID-19

15 maggio

Istituti penitenziari

Non si può riferire della situazione attuale degli Istituti penitenziari senza tenere conto delle vicende che sono seguite all’assegnazione alla detenzione domiciliare o agli arresti domiciliari per motivi sanitari di alcune persone appartenenti al circuito di Alta sicurezza - AS3, in un caso a quello AS1 e in quattro casi al regime speciale ex articolo 41 bis op. Nell’intervista citata nel Bollettino precedente, il Garante nazionale ha invitato a riportare il confronto all’interno di una discussione di merito, abbandonando toni di contrapposizione e scandalo che inquinavano la discussione. I principi più volte ribaditi riguardano la necessità di tutelare la salute di ogni persona, qualunque sia la sua contingente situazione e il reato che possa avere commesso, e al contempo di garantire la sicurezza collettiva e la assoluta impossibilità di ricostruzione di legami tra appartenenti alla criminalità organizzata e le organizzazioni stesse.

Quello che il Garante nazionale ha cercato di tenere fisso è che l’enfasi sulla seconda di queste assolute necessità non finisse col costruire una percezione sociale di tutela minore della prima quando questa riguardasse persone legate a gravi vicende criminali. Secondo il dato attuale, detenzioni o arresti domiciliari sono stati così distribuite: in 248 casi sono state conversioni di misure cautelari - e quindi di competenza dei giudici di merito -; in 217 sono state detenzioni domiciliari - e quindi di competenza della Magistratura di sorveglianza - , prevalentemente con l’accesso alla previsione dell’articolo 47 ter comma 1-ter in connessione con gli articolo 146 e 147 cp; in 32 casi posizioni miste di persone in parte definitive in parte ancora giudicabili. Le motivazioni sono riferibili in larga parte a situazioni di co-morbilità in cui le patologie pregresse rendono la situazione non più compatibile con la detenzione in presenza del Covid-19; in un numero ridotto di casi, a visite specialistiche o terapie in atto non più eseguibili nell’ospedale civile del luogo di detenzione perché interamente riorientato verso l’emergenza Covid-19.

Questo insieme di numeri è alla base delle nuove previsioni introdotte con il decreto-legge 10 maggio 2020 n. 29 che nei suoi articoli 2 e 3 considera ulteriori misure di revisione dei provvedimenti quando questi siano stati emessi, rispettivamente, come misura di detenzione domiciliare o di differimento della pena oppure di sostituzione della custodia cautelare in carcere. Entrambe le situazioni motivate in connessione con l’emergenza sanitaria.

Dal punto di vista dell’impianto ordinamentale, queste previsioni non modificano, come del resto non sarebbe possibile nel solco costituzionale, la assoluta competenza della decisione in capo al Magistrato, anche se sottolineano ulteriormente la necessità di acquisizione di pareri, del resto già acquisiti nella prassi, e pongono una periodicità più stretta di verifica del permanere delle condizioni e che rischia di porre non pochi problemi agli Uffici, la cui povertà di staff e risorse è nota. Quindi, sul piano normativo poco si aggiunge, mentre su quello culturale molto si comunica, soprattutto perché l’adozione del provvedimento è stata accompagnata da campagne di stampa al grido del «ricontrolliamo tutto» con l’implicito messaggio di, se non altro, frettolose decisioni assunte.

Il quarto articolo del decreto-legge riguarda la ripresa dei colloqui in carcere: il Garante nazionale ha condiviso la scelta di una progressività, che rispecchia, del resto, quella anche dell’apertura nella vita esterna, così come la definizione, comunque, di una garanzia minima da rispettare. Nell’audizione in Commissione giustizia del Senato che ha tenuto ieri mattina, ha comunque sottolineato due aspetti. Il primo è che nel testo alcune formulazioni più sfumate circa «la possibilità di utilizzare tecnologie» vengano sostituite da affermazioni che diano certezza di tale utilizzo. Il secondo è che la progressiva riapertura dei colloqui non veda la riduzione del ricorso alle tecnologie stesse, che hanno mostrato di poter avere una ricaduta positiva sulla vita degli Istituti: smartphone, accesso a skype e simili non vanno ‘persi’; al contrario, vanno estesi anche alle forme di connessione con il mondo del volontariato, come quello dell’istruzione, con lo sviluppo di progettualità.

I detenuti oggi presenti negli Istituti sono 52.679; le detenzioni domiciliari successive al 18 marzo sono a oggi 3.282, in 919 casi con l’applicazione del braccialetto elettronico. Cala la presenza delle persone positive al Covid-19 in carcere, anche per effetto di scarcerazioni conseguenti all’accertata positività. Attualmente, sono 119 tra le persone detenute di cui 2 in ospedale e 162 tra il personale.

Si è insediato in questa settimana il nuovo Capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria che ha annunciato la sua visita al Garante nazionale per la mattina di martedì prossimo.

Reti nazionali e internazionali

Martedì scorso si è tenuto l’incontro online organizzato dal Garante nazionale con la Conferenza nazionale del volontariato nell’ambito della giustizia e le Associazioni che operano in ambito penitenziario. L’incontro è servito innanzitutto per aggiornare i presenti rispetto ai numeri dell’emergenza penitenziaria attuale per poter poi ragionare sulle questioni più sentite dalla Conferenza stessa. In primo luogo, l’importanza di mantenere anche dopo la crisi sanitaria le positività della comunicazione attraverso mezzi telematici, non solo nell’ambito dei rapporti tra i detenuti e le famiglie, ma anche rispetto a un’estensione del loro uso all’istruzione e alla progettualità - tema che come già detto il Garante ha riportato al Parlamento nella citata audizione in Commissione giustizia del Senato. Inoltre, la necessità di monitorare la ripresa graduale e con esigenze differenziate tra Istituto e Istituto dei colloqui diretti. Monitoraggio reso ancora più necessario dalla permanente difficoltà degli spostamenti sul territorio nazionale e dall’annosa questione dell’abbandono della territorializzazione dell’esecuzione penale. Inoltre, è stata opinione comune dei partecipanti (oltre 100), la necessità di discutere con il nuovo assetto dell’Amministrazione centrale penitenziaria l’organizzazione complessiva del carcere, che vede troppo spesso più circuiti all’interno di un singolo Istituto, con la conseguente difficoltà di realizzare percorsi significativi al suo interno; questo aspetto è ancora più rilevante se si considera che non solo nell’opinione pubblica, ma a volte negli Istituti stessi, c’è il rischio di riassumere la complessità detentiva in quel sottoinsieme di assoluta minoranza che è rappresentato dall’alta sicurezza.

Sul piano internazionale, ciò che traspare dall’analisi degli scritti e dei documenti è un grande timore rispetto a come si evolverà il ritorno alla normalità per le persone private della libertà personale. Come spesso accade, l’adeguamento alle restrizioni è stato rapido e le misure adottate sono state presentate e percepite come pregnanti e necessarie - anche per la loro somiglianza a quelle imposte alla comunità esterna che ha fatto risuonare l’errato slogan «siamo tutti uguali». Al contrario, quelle di graduale distensione di quegli obblighi restrittivi vengono viste con timore, relativamente alle comunità di persone private della libertà personale, mentre sono salutate come urgenti e liberatorie nella comunità esterna - e qui il «siamo tutti uguali» è passato di moda.

È certamente il momento di analizzare in maniera comparata quali provvedimenti siano stati presi in questi mesi dai diversi Paesi europei investiti dal contagio. Per il carcere anche una delle pubblicazioni della Polizia penitenziaria nel suo ultimo numero si esercita in questa carrellata di provvedimenti (ultimo numero di Polizia penitenziaria n. 282 aprile 2020).

Più in generale, l’Agenzia indipendente dell’Unione europea che si occupa di promuovere e tutelare i diritti fondamentali - la Fundamental Rights Agency - nel secondo numero del suo bollettino ha riassunto gli interventi più importanti adottati dai Paesi europei nella tutela dei diritti fondamentali durante la pandemia. Il periodo coperto dal secondo bollettino è dal 21 marzo al 1° maggio 2020, inviato in anteprima al Garante nazionale, sta per essere messo on line. Per ora è consultabile il numero precedente all’indirizzo web:

 (https://fra.europa.eu/en/publication/2020/covid19-rights-impact-april-1)

Migranti

Rispetto all’ultima rilevazione riportata nell’ultimo Bollettino il numero delle persone complessivamente presenti all’interno dei sette Centri di permanenza per il rimpatrio attualmente operativi è ulteriormente calato: ora sono 204. Le riduzioni si sono verificate un po’ ovunque a eccezione del Cpr di Brindisi che ha mantenuto inalterato il numero dei presenti e di quello di Gradisca d’Isonzo in cui la popolazione ristretta è aumentata di tre unità.

È diminuito anche il numero delle strutture temporaneamente adibite a ospitare le persone migranti sottoposte a misure di quarantena (oltre agli hotspot di Lampedusa e Pozzallo risultano oggi a tal fine impiegate ulteriori strutture situate nei Comuni di Pozzallo, Pietraperzia, Agrigento, Ragusa, Isnello e Siracusa).

Il Garante nazionale ha mantenuto una attenzione specifica anche rispetto ai Centri di accoglienza che, pur non essendo formalmente privativi della libertà, potrebbero essere interessati da casi di contagio e pertanto in via transitoria essere trasformati in luoghi di isolamento fiduciario e quarantena. In questo contesto, ha acquisito da parte del Prefetto di Roma approfondite informazioni in relazione alla situazione di alcuni Centri interessati da misure di quarantena e afferenti al circuito cittadino di accoglienza della Capitale. La completezza dell’informazione resa al Garante testimonia della positiva interlocuzione tra le due Istituzioni. Nel mese di aprile alcune strutture sono state oggetto di alcune tensioni con le persone residenti nel quartiere, a seguito dell’irresponsabile violazione delle indicazioni delle Autorità sanitarie da parte di alcuni ospiti. A tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, all’esterno di una delle strutture è stato istituito un presidio di Polizia e, oltre ai lavori di ripristino, è stato rialzato il muro di recinzione preesistente.

Il Garante nazionale è pienamente consapevole dell’estrema complessità delle situazioni che le Autorità in prima linea si sono trovate imprevedibilmente ad affrontare in questo periodo, durante il quale la salute individuale e collettiva, nonché la tenuta del sistema sanitario sono state messe così duramente alla prova. Ha tuttavia il compito di ricordare che la violazione delle prescrizioni sanitarie di quarantena può dar luogo esclusivamente a sanzioni, di carattere amministrativo o penale a seconda dei casi, ma non implica in alcun modo l’applicazione di possibili rimedi coercitivi da parte delle Forze dell’ordine nel corso della loro attuazione. Ciò poiché tali misure devono essere sempre accompagnate dalle garanzie dell’articolo 13 della Costituzione, più volte ribadite dalla Corte costituzionale anche per quelle situazioni in cui vi sia una qualsiasi «evenienza di assoggettamento fisico all’altrui potere […] che è indice sicuro dell’attinenza della misura alla sfera della libertà personale» (sentenza Corte costituzionale n. 105/2001). Del resto, la presenza di dispositivi di vigilanza, con compiti di verifica di ingressi/uscite da una struttura e l’implicito potere di far ripristinare immediatamente la misura restrittiva nel caso di tentate violazioni, pone problemi di conformità anche con l’articolo 5 della Convenzione europea dei diritti umani.

Area della salute

A seguito del video fatto circolare relativo al Trattamento sanitario obbligatorio di un cittadino di Ravanusa in provincia di Agrigento e della registrazione del suo successivo colloquio con i familiari, il Garante nazionale ha chiesto una relazione d’informazione al Sindaco della cittadina, formalmente responsabile per il provvedimento di Tso, e alle Autorità sanitarie, relativamente alle modalità di attuazione e al successivo sviluppo di tale trattamento. Con un Comunicato stampa dell’11 maggio, il Garante ha chiarito le motivazioni di tale iniziativa. In data odierna ha ricevuto una documentata relazione dal Dipartimento di Salute mentale di Agrigento con allegata relazione del Centro di salute mentale di Canicattì e del locale Ospedale dove è in funzione il Servizio psichiatrico di diagnosi e cura. Nell’attesa di ricevere analoga informazione dal Sindaco, il Garante ha preso atto della positiva interlocuzione con l’Azienda sanitaria e si riserva di continuare a analizzare quanto avvenuto sia per il suo aspetto specifico, sia per la rilevanza che esso può avere nel contesto del dibattito più generale sugli interventi psichiatrici

 

Relazione al Parlamento del Garante nazionale

Come già riportato, la Relazione al Parlamento 2020, che il Garante nazionale consegnerà entro il 30 giugno, sarà presentata con un evento che si avvarrà delle forme di comunicazione ormai divenute più consuete che in passato. L’ipotesi è quella di un evento on line ampio (tipo webinar) a cui iscriversi e che darà la possibilità di assistere alla presentazione stessa tenuta in un luogo istituzionale senza pubblico. Attorno a metà maggio verrà pubblicato il link sul sito del Garante (e inviato a un ampio indirizzario) per poter prenotare la propria partecipazione al webinar. A coloro che confermeranno la partecipazione verrà anche richiesto l’indirizzo a cui inviare la Relazione in un volume analogo a quello degli anni precedenti.

 

 

Tutti i numeri del Bollettino sono disponibili sul sito del Garante nazionale nella barra di navigazione nell’area Covid-19: http://www.garantenazionaleprivatiliberta.it/gnpl/it/covid