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IL GARANTE NAZIONALE NEI GIORNI DELL’EMERGENZA COVID-19

6 aprile

Rete internazionale

È di oggi l’appello della Commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Dunja Mijatovic agli Stati membri con cui chiede di adottare misure che non comprimano i diritti fondamentali dei detenuti in questo momento di contrasto alla diffusione del coronavirus che, oramai, è entrato in molti Istituti di pena dei Paesi europei. La Commissaria parte dalla considerazione che un luogo di privazione della libertà non può di per sé consentire un livello di positivo rapporto con il proprio essere sia in relazione alle condizioni materiali cui si è soggetti, sia per quell’implicita impossibilità di pari accesso alla tutela della salute che ha la persona libera. A sostegno di questa premessa, declina le vulnerabilità del sistema penitenziario: l’affollamento, l’intrinseca impreparazione delle Amministrazioni a misurarsi con un elemento così esogeno quale è la pandemia e l’enorme gap tra il ritmo delle procedure che regolano la vita detentiva e anche il possibile accesso a misure diverse della detenzione e il ritmo di un fattore diffusivo e rapido quale è un virus. Tutto ciò può generare situazioni che, indipendentemente dalla volontà specifica di chi amministra il sistema, possono finire col configurare quel «trattamento inumano e degradante», in ogni circostanza vietato dalla Convenzione europea per i diritti dell’uomo.

Inoltre, Dunja Mijatovi? esorta gli Stati membri a «utilizzare ogni possibile alternativa alla detenzione senza discriminazione alcuna» poiché tale strategia è «necessaria e tassativa in situazioni di sovraffollamento e ancor più nel contesto di un’emergenza» per assicurare che le misure preventive alla diffusione del contagio siano efficaci. Un punto di attenzione – che si rivela nel suo documento e che anche nel nostro Paese è stato da più parti sottolineato – è la necessità di considerare in modo particolare le patologie pregresse di cui sono portatori un numero consistente di persone detenute e l’età anziana di molti di loro. Ovviamente, gli interventi di riduzione possono con maggiore facilità essere poi adottati su larga scala, come lei sottolinea, relativamente a reati di minore entità. Da qui l’appello finale ai Governi e il richiamo alla particolare considerazione che si deve avere nei confronti delle soggettive vulnerabilità di larghi settori di coloro che affollano le prigioni europee.  

Resta come variabile di sfondo a questo suo appello l’esortazione a che l’attività di visita tipico degli organi di controllo non si interrompa in questo periodo quantunque portato avanti con le dovute attenzione nella logica del principio del “non nuocere”. 

https://www.coe.int/en/web/commissioner/-/covid-19-pandemic-urgent-steps-are-needed-to-protect-the-rights-of-prisoners-in-europe

Istituti penitenziari

Ad allarmare il Garante nazionale è un tema, che abbiamo già trattato nei giorni scorsi, ovvero quello dei suicidi in carcere: 17 dall’inizio dell’anno, di cui ben quattro negli ultimi dieci giorni (il 28 marzo nell’Istituto di Reggio Emilia, il 2, il 3 e il 5 aprile in quelli di Siracusa, Roma Rebibbia e Aversa). Un crescendo che si inserisce certamente nel difficile contesto di una crisi sanitaria inimmaginabile per il Paese che, in un luogo chiuso e separato quale è il carcere, non può che acuirsi. Alle tensioni normali si aggiungono ora la preoccupazione per la salute di chi sta dentro e dei propri cari fuori e le aspettative rispetto alle misure messe in atto per contrastare il sovraffollamento. Le preoccupazioni possono facilmente trasformarsi in tensione e agitazione.

D’altra parte – come più volte abbiamo evidenziato e come il ritmo dei numeri del contagio, fortunatamente ancora molto contenuto ma in ascesa, dimostra – sono necessari più incisivi interventi del Legislatore che, peraltro, riducano la pressione fin qui esercitata sulla Magistratura di sorveglianza, riconoscendo la responsabilità politica che la situazione attuale richiede.

Le persone detenute oggi sono 56.476. Continua da parte del Garante nazionale sia il monitoraggio delle sezioni in cui sono isolate precauzionalmente le persone che hanno evidenziato sintomi compatibili con il Covid-19, sia quello delle sezioni in cui sono collocati gli asintomatici, prevalentemente nuovi giunti o persone che erano state in contatto con coloro che poi sono risultati positivi.

Residenze per le misure di sicurezza (Rems)

Purtroppo, si è registrato il primo caso di contagio all’interno di una Rems: in quella di Ceccano (Fr). Nell’interlocuzione con la dirigente si è appreso che nonostante i provvedimenti presi per prevenire il contagio e i rilevamenti giornalieri di tutti, nonché i divieti di accesso e anche le turnazioni per la consumazione dei pasti, il paziente, asintomatico e presente nella Rems da più anni, è risultato positivo. La positività si è accertata quando è stato sottoposto al test prima di accedere alla struttura presso la quale sarebbe stato trasferito in regime di libertà vigilata. Il paziente è stato isolato e questa mattina tutti, pazienti e operatori, sono stati sopposti al tampone del quale si avrà esito domani.

Dal territorio

Prosegue il lavoro di monitoraggio del territorio in collaborazione con i Garanti locali.

Tra le criticità segnalate vi sono l’inadeguatezza, in taluni Istituti, degli spazi detentivi per l’isolamento sanitario, come nel caso della Dozza di Bologna; la preoccupazione per i casi di positività, seppur circoscritti per ora a qualche Istituto; lo scarso utilizzo di presidi sanitari come la mascherina da parte della Polizia penitenziaria.

Tra le positività è da registrare l’avvio delle telefonate via smartphone, in quasi tutti gli Istituti.

Residenze per persone con disabilità o anziane

I primi risultati della ricerca sulle cause di contagio da Covdi-19 nelle Residenze sanitarie assistenziali (Rsa) realizzato dall’Istituto superiore di sanità e dal Garante nazionale sono stati resi pubblici. I dati si basano sull’analisi delle risposte finora giunte, al momento 236 strutture su 1.634 contattate, su un totale di 2.256 Rsa che saranno coinvolte. Non si tratta quindi di un campione significativo dal punto di vista strettamente statistico, tuttavia le risposte forniscono una indicazione sulla situazione attuale.

Nell’insieme delle risposte ricevute fino a oggi, si evidenzia un numero di decessi pari al 3,7%. Una parte molto ridotta di queste è formalmente classificata come correlata al contagio, tuttavia una parte consistente seppur non formalmente così classificata è costituita da persone con sintomi simil-influenzali. Il dato si innalza al 9,6% in Lombardia, dove invece si registra un valore inferiore alla media nel rapporto tra strutture e ospedalizzazioni. Le carenze in generale dichiarate riguardano (87%) la mancanza di dispositivi di protezione individuale e anche in buona parte (30%) l’inesistenza di un piano strutturato di informazione sulle procedure da eseguire. In tutte le strutture sono attualmente vietate le visite e la situazione complessiva che così si determina costituisce una di quelle privazioni “di fatto” della libertà su cui il Garante nazionale è chiamato a intervenire. Nell’indagine con l’Iss il Garante ha inserito alcune domande specifiche maggiormente attinenti ai propri indicatori di analisi: una di esse ha riguardato il ricorso alla contenzione che, seppure in taluni casi risulti piuttosto consistente, è comunque quasi dappertutto riportato in appositi registri che consentono l’analisi di chi ha compiti di monitoraggio.

https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/pdf/sars-cov-2-survey-rsa-rapporto.pdf