bollettino 26

IL GARANTE NAZIONALE NEI GIORNI DELL’EMERGENZA COVID-19

21 aprile, 2773° Natale di Roma

La rete territoriale

Nella giornata di domani il Garante nazionale terrà una riunione on line con i Garanti regionali. La rete dei Garanti regionali è quella di primo riferimento del Garante nazionale anche per il rapporto più continuo che loro possono mantenere con i Garanti territoriali dei singoli Comuni, Città metropolitane o Province.

Il centro della riunione sarà la fotografia del presente nel doppio aspetto dell’andamento del contagio all’interno delle strutture privative della libertà e del riflesso che attualmente ha avuto e continua ad avere la chiusura di tali strutture al mondo esterno. Ma il punto rilevante da sottolineare e da discutere domani è la costruzione di una “fase 2” – che avverrà quando sarà effettivamente possibile, seppur in maniera diversificata – che non faccia perdere il patrimonio di esperienze elaborate in modalità diverse in tutte queste strutture, prima dell’emergenza Covid-19 e che anzi le arricchisca con quell’elemento aggiuntivo fornito dalle tecnologie della comunicazione e dell’informazione. Ciò che si è sperimentato in questo periodo con una valenza sostitutiva (degli incontri diretti con i familiari, degli incontri con i Garanti…) potrà essere elemento di ulteriore supporto anche nella normalità ritrovata. Per esempio, l’utilizzo di Skype ha permesso di rivedere figure familiari – spesso anziane e impossibilitate a partecipare ai colloqui diretti – e ha permesso di ricostruire a distanza una appartenenza a un contesto domestico che è proprio della costruzione soggettiva, anche di una persona lontana, per non sentirsi esclusa. Tale elemento dovrà permanere perché aiuterà, anche dopo la fase dell’emergenza, a perseguire quell’obiettivo di appartenenza di tutte le comunità ristrette al contesto sociale complessivo.

Il Garante nazionale, che ha sempre affermato per le persone in comunità di recupero o per anziani che deve essere sempre sperimentato il massimo di autonomia e di autoorganizzazione, così come ha affermato che per gli Istituti di pena deve essere attuata una vita il più simile possibile a quella all’esterno, ritiene da tempo che gli strumenti della contemporaneità – in primo luogo le tecnologie – devono essere positivamente impiegati perché costituiscono una cifra del presente. La sperimentazione di questo periodo può aver sciolto alcuni timori che le Amministrazioni da tempo dimostrano rispetto a tutto ciò che è tecnologico, contemporaneo e tendente all’autodeterminazione.

Istituti penitenziari

Il numero delle persone presenti in carcere è sceso oggi a 54.323. Si tratta di un calo sensibile che tuttavia va messo in relazione con l’effettiva capienza degli Istituti penitenziari che è attestata a 46.875 posti: tale relazione impone l’ulteriore sforzo finalizzato a non superare la totalità della disponibilità di posti per assicurare la tutela della salute e della qualità di vita delle persone detenute.

A tale proposito il Dipartimento per gli affari di giustizia (Dag) e quello dell’Amministrazione penitenziaria (Dap) hanno invitato i Presidenti dei Tribunali di sorveglianza ad «assicurare – nei limiti della fattispecie legale – la massima e tempestiva estensione delle potenzialità applicative volute dalla norma» prevista dal decreto-legge n.18/2020 al fine di ridurre la popolazione carceraria a fronte dell’emergenza sanitaria.

È stato creato un gruppo di lavoro per elaborare specifiche linee di indirizzo relative alla «gestione dell’emergenza epidemiologica all’interno delle strutture penitenziarie anche minorili e nel privato sociale coerente con quanto allo stato già individuato all’interno della comunità scientifica». Oltre a esponenti del Ministero della sanità, dell’Istituto superiore di sanità e rappresentanti delle Regioni, ne fanno parte i responsabili dei Dipartimenti dell’Amministrazione penitenziaria e per la Giustizia minorile di comunità e il Garante nazionale delle persone private della libertà. Il primo incontro è fissato per questa sera alle 18.30.

Nel contesto dei vari gruppi di lavoro e di progettazione attuati in questo periodo, la collaborazione del Ministero della giustizia con la Protezione civile e con il Commissario straordinario Domenico Arcuri ha portato all’emanazione di un bando per il reperimento di mille operatori sociosanitari (Ooss) da assegnare agli Istituti penitenziari per adulti e agli Istituti penali per minori.

Stazionario il quadro di ieri sera delle positività in carcere sia per quanto riguarda la popolazione detenuta (con una lieve diminuzione), sia per quanto riguarda il personale.

Centri di permanenza per i rimpatri (Cpr)

Come già altre volte riportato, dall’inizio della crisi sanitaria il numero delle persone trattenute nei Cpr è andato progressivamente diminuendo (oggi sono 259): in alcuni circondari per qualche mancata convalida dei provvedimenti di trattenimento da parte delle Autorità giudiziarie, più in generale per l’esiguo numero di ingressi disposto dalle Questure (circa 32 dal 15 marzo al 17 aprile).

Nessun Centro si trova in una situazione di sovraffollamento, ma due di essi hanno la quasi totalità dei posti disponibili occupati (Cpr di Gradisca d’Isonzo e di Macomer, dove sono trattenute 45 e 46 persone migranti, con rispettive capienze di 66 e 50), mentre gli altri registrano una buona percentuale di posti letto inutilizzati rispetto alla capienza effettiva (in particolare, il Centro di Trapani è vuoto). Il Ministero dell’interno ha informato il Garante nazionale della chiusura del Centro di Caltanissetta sulle cui condizioni proprio il Garante, in occasione della sua ultima visita in Sicilia e del successivo colloquio con il locale Prefetto, si era espresso molto criticamente.

Rimane alto il numero delle presenze negli hotspot: 116 persone a Lampedusa, 50 a Pozzallo e 57 a Messina. Il Garante ha osservato l’ingresso recente di cinque nuove persone all’hotspot di Lampedusa; parallelamente ha letto un’ordinanza del Sindaco isolano che prevede il prolungamento della quarantena anche dei migranti che hanno iniziato tale periodo il 6 aprile fino al prossimo 28 aprile. Sembrerebbe che l’arrivo di nuove persone nella struttura determini la ripartenza del periodo di quarantena per tutti, anche di coloro che vi erano già presenti. Ovviamente questo processo endless è lontano dall’essere accettabile.

 Altrettanto alta rimane l’attenzione del Garante nazionale sulle condizioni materiali e sull’organizzazione quotidiana della vita all’interno di strutture dove la fisiologica condivisione degli spazi e i limiti intrinseci delle aree all’aperto – nel caso del Cpr di Macomer, per esempio, mutuate dalla vecchia impostazione della struttura come carcere mandamentale – rendono impossibile l’osservanza di quelle misure di distanziamento sociale e di quella diminuzione di densità di presenze in luoghi comunque non ampi, richiesta dalle norme igieniche rivolte all’intera popolazione.

Nei giorni scorsi il Garante nazionale ha somministrato un questionario ai responsabili degli Enti gestori dei Cpr relativo alle misure di prevenzione e contrasto della diffusione del contagio da Covid-19.

Dalle risposte emerge che nella maggior parte dei Centri sono stati allestiti alcuni locali per la quarantena delle persone in ingresso e alcuni ambienti per l’isolamento sanitario, secondo quanto indicato dalle circolari del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del 18 e del 26 marzo 2020. Alla data del 17 aprile si trovavano in quarantena all’interno dei Cpr complessivamente 15 persone (in stanze singole).

Nessuno è in isolamento sanitario. Quasi tutti i Centri hanno previsto che qualora vi fossero casi del genere, sarebbero adottate misure di verifica continua delle condizioni di salute delle persone ristrette a prescindere dalla presenza di specifiche sintomatologie.

La quasi totalità degli Enti gestori dichiara di effettuare regolarmente attività di sanificazione straordinaria e igienizzazione per garantire la salubrità degli ambienti. Tutti riportano di aver incrementato i kit per l’igiene personale destinati ai cittadini stranieri e di rendere loro disponibili mascherine protettive da indossare quando escono dai settori detentivi. Inoltre, tutti riferiscono di aver informato in più lingue le persone trattenute dell’emergenza sanitaria in atto e del comportamento da tenere per impedire la propagazione del virus.

Anche le strutture per il trattenimento delle persone migranti hanno risentito, seppure in modo minore rispetto alle strutture penitenziarie, dell’impossibilità di visite di persone amiche o parenti. Quale forma di compensazione è stato facilitato e ampliato in tre Centri (Gradisca d’Isonzo, Brindisi e Palazzo San Gervasio) l’utilizzo di sistemi di videochiamata. Il loro impiego è stato anche previsto per la comunicazione con i difensori. Ciò ovviamente dovrà comprendere anche i Garanti territoriali laddove presenti. Non solo, ma il Garante nazionale auspica che tale misura continui a trovare attuazione anche al termine dell’emergenza sanitaria e sia introdotta in via definitiva in tutti i Cpr per un’effettiva e piena realizzazione del principio di libertà di corrispondenza telefonica.

Relativamente alla fase di dimissioni, la maggior parte dei responsabili degli Enti gestori ha dichiarato di assumere informazioni in merito alla disponibilità di un domicilio da parte della persona rilasciata e di allertare i servizi sociali del Comune di riferimento in caso di necessità di una soluzione abitativa. Tra le buone prassi in fase di rilascio, si registrano quelle relative alla realizzazione di specifici screening sanitari (a Gradisca d’Isonzo, il tampone; a Macomer e Brindisi, le visite in uscita e nel primo caso anche la terapia per i cinque giorni successivi) e alla fornitura dei dispositivi individuali di protezione (a Roma), nonché della tessera per gli ‘Stranieri temporaneamente presenti’ (Stp) per accedere al Servizio sanitario nazionale (sempre a Roma).

Rete internazionale

Giovedì 23 aprile nel pomeriggio (15.30 – 17.00) si farà un Webinar organizzato dall’Associazione ginevrina Association pour la prévention de la torture (Apt) sul tema Monitoring places of detention in times of COVID-19: Precautionary measures and health considerations for monitors. Si tratta, quindi, di un seminario su quali misure precauzionali in termini di protezione della salute devono prendere i Monitor che in questo periodo visitano i luoghi di privazione della libertà. Interverranno Elena Leclerc, responsabile della Unità Health in Detention della Croce Rossa Internazionale (Icrc) e Hans Wolff, medico e attuale componente per la Svizzera del Comitato europeo per la prevenzione della tortura (Cpt).  Il Garante nazionale parteciperà al Webinar con i responsabili delle diverse unità operative dell’Ufficio.

Proseguono i rapporti all’interno della rete dei Meccanismi nazionali di prevenzione (Npm) e proprio ieri è stato stabilito un contatto con l’omologo organismo maltese sulla base della segnalazione ricevuta di una persona detenuta nel carcere “Corradino” de La Valletta per dare la possibilità di un collegamento Skype con i propri familiari italiani.

 

 

Monitoraggio delle strutture socio-assistenziali sanitarie

È disponibile sul sito del Garante nazionale il “Terzo report della Survey nazionale sul contagio da coronavirus nelle strutture residenziali e sociosanitarie”; indagine realizzata dall’Istituto superiore di sanità (Iss) in collaborazione con il Garante nazionale, aggiornato al 14 aprile.

La rilevazione è iniziata il 24 marzo con l’invio di un questionario a 3.420 strutture, seguito da 3.042 telefonate del team tecnico scientifico dell’Iss. Alla data del 14 aprile avevano risposto 1.082 Rsa, pari al 33% delle strutture contattate.

Il 1° febbraio 2020 le persone ricoverate erano 80.131, con una media di 74 persone per struttura.

Nel commento dei risultati, come già altre volte osservato, occorre tenere presente che la distribuzione e la dimensione delle strutture sul territorio nazionale non è omogenea, perché vede una prevalenza di posti letto in Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Toscana: le prime quattro sono le regioni dove attualmente vi è il numero maggiore di persone contagiate dal virus. Così come diverse sono state le politiche adottate dalle Amministrazioni regionali relativamente alla sottoposizione delle persone al test del tampone. Tale accertamento chiaramente incide sul rilevamento del numero dei decessi di persone positive al Covid- 19. Nessuno stupore, quindi, nell’incidenza che tali fattori hanno nel riscontrare la Lombardia al primo posto, seguita dall’Emilia Romagna e dal Veneto.

Il numero delle persone decedute nelle Rsa dell’insieme di strutture che hanno risposto è 6.773. Al suo interno, compaiono 364 persone risultate positive al tampone e 2.360 con sintomi riconducibili al Covid-19 ma non sottoposte a tale test. L’esiguità del numero degli ospiti di queste strutture sottoposti a tampone renderebbe plausibile pensare a una sottostima del dato; sottostima che del resto riguarda l’intera popolazione nazionale.  La percentuale di decessi di persone risultate positive o con sintomi simil-influenzali è del 40,2% del complessivo numero di decessi nel periodo e rappresenta il 3,3% delle persone residenti (residenti al 1° febbraio e nuovi ingressi dal 1° marzo). Tale valore percentuale sale al 53,4% in Lombardia, al 57,7 in Emilia-Romagna e al 78,8% nella Provincia autonoma di Trento. Commisurati alla popolazione ospitata nelle residenze i rispettivi tassi di mortalità di questo tipo sono rispettivamente il 6,7%, il 4%, 6,9%. Temporalmente un numero maggiore di decessi è avvenuto tra il 16 e il 31 marzo (dato rilevato solo su 4993 eventi perché richiesto dal 30 marzo).

Certamente tutti i valori dell’indagine relativamente ai decessi sono valori ‘dichiarati’ e, come è noto, sono oggetto di accertamento circa la loro totale rispondenza alla situazione verificatasi da parte delle varie Procure della Repubblica.

Il rapporto tra persone ospedalizzate e numero di strutture che hanno risposto alla domanda, si attesta tra 0,8 nella regione Calabria e 8,7% in Friuli Venezia-Giulia. Nelle tre regioni o province sopra considerate relativamente al tasso di mortalità, questi rispettivi rapporti sono: 2,5 in Lombardia, 4,5 in Emilia-Romagna e 3,7 nella Provincia autonoma di Trento.

La principale criticità segnalata è la mancanza dei Dpi, i dispositivi di protezione individuale, (82,7%). In merito al contenimento della diffusione dell’infezione sono oltre un quarto le strutture che hanno dichiarato di avere difficoltà nell’isolamento dei residenti affetti da Covid-19. Sono invece quasi la metà (143 strutture pari al 46,9%) a segnalare l’impossibilità di eseguire i tamponi. Tale domanda è stata inserita solo in un secondo tempo nel questionario (a partire dall’8 aprile) e quindi il dato si riferisce solamente alle strutture che hanno risposto successivamente, pari al 46,9%. A queste criticità si aggiungono poi altri due fattori: l’aver ricevuto informazioni discordanti nella gestione della pandemia e la mancanza di coordinamento.

Il 18,4% delle strutture che hanno risposto ha riscontrato casi di positività tra il personale. Le frequenze maggiori sono nelle Province autonome di Trento e di Bolzano (entrambe al 50%), seguite da Lombardia (36%), Emilia-Romagna (17,9%), Marche (16,7%), Veneto (16,6%), Piemonte (12,7%), Friuli-Venezia Giulia (12,5%), Toscana (11,3%).

Va rilevato inoltre che il 90% delle strutture ha attuato il divieto di visita dei familiari, in accordo con il Dpcm dell’8 marzo 2020 e quasi tutte (a esclusione di cinque Rsa) hanno provveduto ad attivare forme alternative di contatto: telefonate, videochiamate o ricorso ai social e alla posta elettronica.

Riguardo al ricorso a modalità contenitive dei pazienti, dalla ricerca emerge che quasi tutte le strutture le adottano, con una media per struttura di 14 interventi nel periodo considerato e con una variabilità regionale notevole (quasi nulle in Campania e fino a 29 in Veneto). Tuttavia, positivo appare il dato dell’uso di Registri in cui annotare tale ricorso con gli elementi indicativi delle modalità, dei tempi e dei controlli: parametri essenziali per l’apertura di un confronto sull’effettiva necessità e residualità di tali interventi.

 

 

Il prossimo Bollettino uscirà venerdì.